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Voga alla Veneta

Arrivando a Venezia, l´attenzione del visitatore non può che essere attratta dal lento e silenzioso procedere delle gondole.

Voga alla Veneta

La gondola è la barca veneziana più conosciuta, ma esistevano circa 100 diverse barche “alla veneta”, tutte queste barche erano accumunate dall’avere almeno una forcola (scalmo aperto) e un remo. Questa tecnica di voga in piedi si è sviluppata principalmente nei bassi litorali delle lagune di Venezia, Grado e le Valli di Comacchio che avevano caratteristiche morfologiche simili. Vogare in piedi serviva infatti a controllare il fondale, per evitare di arenarsi, ma anche per controllare la presenza o meno di volatili o altre prede da cacciare. Un‘altra caratteristica comune era il fondale piatto che serviva ad ormeggiare con facilità le imbarcazioni in caso di necessità tra le barene, ovvero gli isolotti che formano la Laguna.

Tecnica di voga e costruttiva

Questi elementi hanno permesso di sviluppare una tecnica di voga e costruttiva che perdura fino ad oggi. Dietro la sinuosità dei movimenti e la grazia delle forme delle imbarcazioni si nasconde una complessità costruttiva e tecnica, basti pensare che una gondola può essere costituita da 240 pezzi di 7 varietà di legno diverse, ma non è la barca più complessa da costruire. La tecnica di voga riflette la complessità della laguna, in cui si alternano fondali bassi o profondi, aree con correnti “morte” o calme oppure con correnti forti. A volte queste caratteristiche si riscontrano anche nei canali veneziani, in cui le pareti e le fondazioni degli edifici formano dei tunnel per il vento e per le maree, pertanto si possono creare delle
correnti che possono mettere in difficoltà le barche a remi.

Letto questo potreste pensare che per vogare bisogna essere veneziani, beh, nulla di più falso. Esistono corsi nelle varie “società remiere” e ci sono anche istruttori inglesi o tedeschi che vivono a Venezia e dedicano il loro tempo all’insegnamento di questa tecnica di voga.

Ma in cosa consiste la tecnica? Come si fa a non perdere il remo?

Riassumendo in modo brutale e semplificando tantissimo si può dire che la tecnica consiste in due passate del regno in acqua: la premada e la staissada. Ovvero il remo si immerge in acqua e lo si spinge (premada) poi non esce subito dall’acqua, ma “scia” ovvero rimane in acqua leggermente più inclinato. Questo doppio movimento permette al vogatore di far procedere la propria imbarcazione nella direzione da lui voluta, inoltre permette di non far uscire il remo dallo scalmo. Ripeto la teoria è una cosa, ma la tecnica è un’altra. Anche io ho perso il remo così tante volte da non ricordarmi neanche, ricordo però tutte le cadute in barca perché sbattere con forza qualsiasi parte del nostro corpo contro uno spigolo vivo di legno lascia il segno, e non solo nel corpo ma anche nella mente. Però la gioia di eseguire bene il movimento, di sentire la barca che scivola sull’acqua accompagnata dal rumore del remo che entra ed esce e, quando si è fortunati, si possono sentire le gocce che cadono dal remo.

“Tutto questo fa dimenticare ematomi ed escoriazioni e ti fa sentire molto più vicino alla storia e alla natura di Venezia, della laguna e delle lagune.”

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