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La festa dei Veneziani: la Salute

Forse molti di voi penseranno al brindisi, ma non è così anche se qualche calice viene alzato durante questa ricorrenza che è tra le più sentite dai veneziani. Se veniste a Venezia il 21 novembre, potreste pensare che i veneziani siamo molto devoti vedendo il fiume umano che si incolonna in processione verso la Basilica della Madonna della Salute. Vedendo la data della festa e confrontandola con la data di pubblicazione di questo articolo, potete riscontrare che i festeggiamenti ci sono stati, e tutti noi di Venice Kayak e Classic Boats Venice abbiamo onorato la festa, e anche il piatto tradizionale ovvero la castradina.

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Questa però non è un’altra storia, anzi la ricetta e il culto hanno la stessa storia, la stessa origine nella terribile peste del 1630. Se volete fare il confronto con il Covid, sappiate che il confronto tra la pandemia del corona virus e quella della peste è difficile da sostenere, infatti con una mortalità del 25% e circa 47000 morti nella sola Venezia ( se comprendiamo anche Murano,Malamocco e Chioggia la conta dei morti sale a 97000) grazie al morbo della peste bubbonica (citare https://www.comune.venezia.it/).

La peste era un flagello che colpiva l’Europa a cadenza di quasi 50 anni e mieteva vittime come nessuna guerra poteva fare (in certe aree del mondo solitamente si arrivava ad avere il 50% della popolazione deceduta) pertanto i governi si erano attrezzati ad affrontarla e Venezia fu tra i paesi più all’avanguardia nel fronteggiarla. Vennero istituiti il primo ministero della sanità al mondo, venne creata la parola stessa di lazzaretto, vennero istituiti i primi ospedali per tutta la popolazione senza distinzione di censo e, tra le altre cose, venne ideata la prima maschera sanitaria ad uso del corpo medico dei lazzaretti da cui si è poi evoluta quella orami a noi tanto consueta.

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Non se è possibile affermare se tutto questo possa aver alleviato le sofferenze durante le pestilenze, ma di certo tutta la popolazione ne trasse beneficio in seguito. Cito ad esempio il primo ospedale ostetrico statale al mondo su modello di quei primi ospedali veneziani, che venne istituito presso campo San Giacomo de l’Orio. Quella del 1630 fu così devastante che uccise anche il Doge poco dopo aver posto la prima pietra per la costruzione della Basilica dedicata a Maria Vergine per chiederne l’intercessione per la fine della peste.

La popolazione era stremata e aveva da mangiare esclusivamente le verze, l’unica carne disponibile era quella che poteva superare i controlli: doveva essere fatta salmistrate ed essere affumicata. Questo tipo di carne veniva fornito dagli abitanti della Dalmazia popolazione delle coste croate e slovene ma di lingua e cultura neolatina, sudditi veneziani e dediti alla pastorizia in particolare di ovini. In queste aree era già uso affumicare e salmistrate le carni al fine di preservare le carni per un lungo periodo, in particolare modo per affrontare i viaggi in mare.

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Le navi provenienti dalla Dalmazia, al fine di evitare le quarantene (tra l’altro ideate dai veneziani stessi sempre nel periodo della pestilenza) non attraccavano al porto (l’attuale riva degli schiavoni) ma vi si avvicinavano e da esse lanciavano le cosce di montone castrato a riva e da lì distribuito poi alla popolazione. La carne doveva essere cotta a lungo ed unita alla verze in modo da arricchirne il sapore e creare una zuppa calda.

Oggi come allora per la festa della Salute i macellai veneziani si procurano la carne dalla Dalmazia ripercorrendo le stesse vie commerciali di 5 secoli fa e nelle calli di Venezia si sente un odore pungente e corroborante al tempo stesso, un odore che ci porta a quel tempo ove in ogni casa vi erano lutti. Consci che i padri dei nostri padri e le madri delle nostre madri provenivano dalla popolazione risparmiata dalla peste ogni anno verso fine ottobre si ordina la castradina e tra il 20 e il 21 novembre ci si reca in pellegrinaggio alla basilica della Madonna della Salute al ritorno, chi in ristorante e chi a casa propria o dei propri cari per una volta all’anno si consuma questo piatto, una zuppa dal gusto forte e deciso che ha accompagnato i nostri avi quotidianamente per tre lunghi anni.

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Mi ricordo ancora di quando da chierichetto mi sono dovuto recare alla messa officiata dal nostro parroco nella Basilica della Madonna della Salute. Infatti ogni singola parrocchia della diocesi di Venezia ha il diritto di officiare una messa in uno degli altari e capita spesso ai pellegrini di assistere inconsapevolmente ad una mezza dozzina di messe contemporaneamente. Il parroco ci aveva chiesto con settimane di anticipo chi fosse disponibile, in quanto l’organizzazione doveva essere perfetta. Ci si incontrava con i parrocchiani all’interno della chiesa e da lì iniziava la processione indirizzata verso la basilica. Davanti al drappello procedeva il parroco con in mano le reliquie della parrocchia seguito dalla croce e dai vessilli della parrocchia stessa. Dietro ai vessilli i parrocchiani intonavano inni a suffragio dei morti, lungo la strada la folla si apriva per permettere il nostro passaggio, anche perché forse la nostra non era la parrocchia più potente di Venezia ma essa era intitolata a San Pantalone, protettore dei medici e degli infermieri e in periodi di pandemia il personale medico assume una rilevanza particolare…

Giunti nella basilica dovevamo aspettare in una grande sacrestia tra le tele del Tintoretto e di altri artisti, mi ricordo ancora lo stupore che albergava in me ammirando tanta bellezza non conscio ancora che quella bellezza era originata dalla sofferenza. Pure il Tintoretto, tra l’altro, morì per quella peste. Poi arrivava il momento della messa ed entravamo nella basilica tra i chierici che ci intimavano di affrettarci lungo dei stretti passaggi che ci avrebbero portato agli altari. Abituati ad officiare messa nella nostra parrocchia era difficile farlo per noi bambini di 9 anni di fronte a migliaia di persone. Gli occhi dei parrocchiani era puntati su di noi e oltre ad essi si vedevano le teste e le fiammelle che ogni persona teneva in mano, il senso ieratico o semplicemente lo stress era così forte che se non ne venivamo soppraffatti è solo per senso del dovere.

I fedeli erano così stretti che spesso i genitori si legavano i figli a loro stessi. Quel fiume umano procedeva lentamente ed ordinatamente verso l’icona della Vergine Nera e ai suoi piedi dovevano offrire i ceri con l’effige della Madonna stessa. Mi ricordo ancora con affetto che dovevo procurare una candela con le decorazioni votive e portarlo a mia nonna in quanto lei non riusciva a recarsi di persona e quando gliela portavo era così felice che ancora mi commuovo al ricordo di come la teneva da conto e della cura con cui l’appoggiava nel suo altarino.

Sono conscio di parlarvi di un mondo che non esiste più, ma la memoria di un popolo deve essere tramandata, forse ora pochi veneziani si recano in processione (e io sono tra quelli), ma continuo a perpetuare il rito della preparazione che prevede almeno due cotture e tre raffreddamenti in modo da sgrassare la carne e quindi l’unione della carne alle verze. Per preparare la castradina ci vogliono due giorni di cottura, almeno tre settimane di preavviso per l’ordine e, dipende dai commensali, uno o due giorni per essere degustata. Ciò che alberga in ogni casa è il piacere di stare insieme ai propri cari o amici per rimembrare con la gioia un momento tanto triste come quello della pestilenza. Molti pensano che la festa più sentita dai veneziani sia il carnevale, ma è una semplice e grossolana mistificazione, in quanto la festa dei veneziani è quella della Madonna della Salute.

Come avete potuto leggere per noi di Venice Kayak è basilare far conoscere Venezia e la sua laguna in quanto conosci del fatto che solo se conosci ami, solo se ami rispetti e se rispetti, tramandi.

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